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Fare la valigia: destinazione noviziato

Oggi accompagniamo alcuni novizi del passato fino alla porta del noviziato, per osservare insieme quali fossero gli oggetti che portavano con sé all’inizio della loro vita religiosa.

Si pensa infatti che i giovani, varcando la porta del noviziato, lasciassero il “mondo” e quanto gli appartenesse, compresi tutti gli oggetti ed effetti personali. Non è esattamente così.

C’erano oggetti espressamente richiesti dal noviziato, molto spesso la biancheria personale rientra in questa categoria, ma anche beni che i novizi desideravano portare con sé, per diversi motivi.

La fonte

Nel corso del riordino del fondo della Provincia Napoletana è stato trovato un registro molto interessante: elenca gli oggetti personali di ogni ragazzo. È stato compilato a partire dagli anni Trenta fino agli anni Sessanta.

Per le altre Province non è presente un registro omologo, forse andato perduto o forse si tratta di un’abitudine osservata solo nel noviziato della Provincia Napoletana. Il registro era anche utile nei casi in cui il candidato cambiasse idea e volesse andar via, per verificare e restituirgli quanto avesse portato.

Il luogo

Il viaggio che questi ragazzi percorrevano dalla propria casa fino alla porta del noviziato, si fermava a Napoli, in via della Cerra n. 2, al Vomero, dove si trovava Villa Melecrinis, sede del noviziato fino ai primi anni Quaranta.

Successivamente è stato il Castello Sozi – Carafa, a Vico Equense, ad accogliere gli aspiranti gesuiti, valigia alla mano. La fotografia che accompagna l’approfondimento di oggi raffigura proprio la comunità di Vico Equense con i giovani novizi.

Gli oggetti personali ci possono dare alcune informazioni in più sulla loro vita precedente, spesso su quanto fossero simili ai loro coetanei, di ieri e di oggi.

Apriamo la valigia

Ci sono alcune categorie di beni comuni per tutti: medagliette benedette raffiguranti la Madonna o santi della Compagnia, libri di vite esemplari, il Vangelo – che più di qualcuno possiede in lingua italiana e non latina – la Bibbia.

Diversi ragazzi erano usciti da poco da seminari o dalle scuole apostoliche, portando con sé dizionari e libri di testo che avevo già utilizzato.

Diamo un’occhiata agli altri oggetti, che fanno parte della quotidianità.

In molti portano con sé le foto dei familiari, soprattutto padri, madri, sorelle e fratelli, immagini sacre, il rosario, oltre a orologi, un paio di scarpe nuove o le “scarpe da tennis”. 

Ricorrenti sono i prodotti e gli strumenti per l’igiene quotidiana: scatola porta sapone e sapone, spazzolini, rasoi, biancheria, pennello da barba, calzascarpe, spazzolino da denti, rasoio elettrico, la gelatina per capelli, che in alcuni casi è registrata come “brillantina”.

Molto comune è la cancelleria: penne stilografiche, penne biro, quaderni, fogli.

Alcuni portano con sé oggetti e strumenti legati forse a qualche passione: album e fogli di musica, armonica da bocca, acquarello, una testa della Vergine in terracotta, lente d’ingrandimento, collezione di francobolli, macchina da scrivere.

Perché questi oggetti?

Il talento legato al disegno, alla musica o al canto non veniva penalizzato, anzi poteva essere coltivato e messo a disposizione della Compagnia: molti fratelli erano talentuosi artisti e abili artigiani, chi era portato per la musica avrebbe seguito i ragazzi nei collegi ed i confratelli nelle scholae cantorum.

Verrebbe da chiedersi perché nelle valigie ci siano oggetti per l’igiene. Ci si aspetta che siano già in noviziato. L’Ordine ovviamente avrebbe fornito vestiti, materiale, vitto e quanto sarebbe stato necessario, soprattutto ai novizi meno abbienti.

C’è infatti chi arriva al noviziato privo di qualsiasi cosa. In questo caso gli oggetti erano forniti dalla Compagnia, come avveniva nei noviziati delle altre province, anche grazie a lasciti e donazioni. Abbiamo visto in un precedente approfondimento sulla vocazione, che i genitori di un novizio desideravano che i suoi indumenti e oggetti restassero nella casa di prima probazione, anche quando avrebbe proseguito la sua vita religiosa, perché altri potessero beneficiarne.

Maria Macchi