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L’ingresso nel progresso: l’arrivo della tecnologia nelle comunità gesuitiche

Nell’immaginario comune, spesso, si tende a pensare che gli ordini religiosi nutrissero in passato diverse riserve nei confronti del progresso e della tecnologia, talvolta si crede che conventi e monasteri vivano ancora oggi isolati dal mondo circostante.

Se persino nei conventi di clausura è arrivata la connessione, non stupiamoci se anche nel passato la tecnologia era considerata un valido strumento per la vita di tutti i giorni.

Anche per questo tema, l’archivio storico corre in aiuto, dimostrando come tecnologia, scienza e progresso fossero di casa nelle comunità della Compagnia di Gesù e piuttosto apprezzate.

La strumentazione utilizzata da p. Angelo Secchi, ad esempio, era frutto della tecnologia più avanzata dell’epoca, lo stesso gesuita reperiva gli strumenti più all’avanguardia che arricchivano il proprio osservatorio, come testimonia l’elenco della strumentazione di Secchi, conservato in archivio.

E nella vita di tutti i giorni?

Vediamo qualche esempio: i verbali delle consulte di casa della residenza del Gesù di Roma ci raccontano che negli anni Venti fa il suo ingresso la corrente elettrica, con l’istallazione di un impianto, alcuni anni più tardi sarebbe stato installato l’ascensore. Negli stessi anni arriva anche il telefono, con cui i padri iniziano ad avere confidanza, le consulte di casa ricordano che alcuni parlano al telefono a voce troppo alta disturbando il silenzio della casa.

Nello stesso immobile, nello Scolasticato della Provincia Romana, oggi Collegio Internazionale, nel 1946 venne portato un frigorifero, indispensabile per la conservazione dei cibi, visto l’alto numero di gesuiti che costituivano la comunità del collegio, sempre in crescita per poter ospitare i gesuiti in formazione. In casa inoltre era stato messo appunto un sistema per far suonare il campanello che richiamasse i padri ai momenti quotidiani di vita comunitaria: la preghiera, i pasti, la messa. Prima che il campanello fosse elettrico, era compito di uno o più fratelli, suonare a mano il campanello, camminando nei corridoi per avvertire tutta la comunità.

Sempre nel 1946 la comunità acquistò un camioncino usato della Fiat, indispensabile per accompagnare gli scolastici e trasportare vettovaglie da una residenza all’altra. La tecnologia entrò pian piano in tutte le zone della casa, arrivò l’acqua calda, furono messi a punto impianti per il riscaldamento. In molte residenze non erano presenti i bagni che furono costruiti e posti prima in una singola ala della residenza e nel corso del tempo previsti in ogni camera, compatibilmente con la struttura dell’immobile.

Il progresso si palesò anche in altri aspetti, come ad esempio l’uso dell’italiano per redigere historiae domus e diari di casa o lettere al Provincia, timide prime presenze, divenuta poi la regola solo dopo il Concilio Vaticano II, mentre per alcune comunità più tradizionaliste il latino fu utilizzato fino agli anni Ottanta.

Negli anni Quaranta i superiori, come accadde nello Scolasticato Romano, concedevano ai gesuiti di potersi esprimere nella lingua vernacolare e non in latino, durante le conversazioni nelle attività ricreative, agli scolastici era consentito farlo soprattutto in agosto.

                                                                                                                      Maria Macchi