1814: la ricostituzione della Compagnia di Gesù

Dopo la soppressione, la Compagnia fu ricostituita nel 1814, ufficialmente legittimata dalla Bolla Sollecitudo Omnium, di Pio VII. Cosa si conserva in Archivio di quei primi anni?
La soppressione
Come sanno bene i ricercatori dell’Antica Compagnia, che spesso ci contattano per le loro ricerche, nel nostro Archivio non si conserva quasi nulla prima del 1814. Per Antica Compagnia intendiamo quel periodo che inizia con la fondazione dell’Ordine, nel 1540, e arriva fino al 1773. La soppressione è dunque un evento fortemente periodizzante per la storia della Compagnia, una sorta di cesura.
La Compagnia di Gesù fu ufficialmente soppressa fino al 1814 tranne nei territori della Russia Bianca. Nel Regno delle Due Sicilie essa fu riammessa già dai primi anni dell’Ottocento.
Dei fondi di collegi, residenze non resta però nulla nel nostro Archivio, se non qualche sparuto e raro documento: finora ne sono emersi pochissimi. Questo è dovuto all’incameramento degli immobili della Compagnia e alla confisca di fondi archivistici e librari da parte degli Antichi Stati Italiani.
Molti ricercatori si rivolgono al nostro Archivio, all’ARSI, a quello della Gregoriana e agli altri archivi gesuitici a Roma per sapere anche se conserviamo carte risalenti ai quattro decenni in cui l’Ordine non è esistito.
La Compagnia negli anni della soppressione non ha divulgato o prodotto documentazione, le carte dei gesuiti che hanno continuato a vivere come laici o religiosi in altri ordini sono finite nei loro archivi privati o, molto più spesso, andate perdute.
1814: un anno difficile da ricostruire
Potremmo allora pensare che, a partire dalla promulgazione della Bolla di Pio VII, le serie archivistiche riprendano, vengano compilati di nuovo i diari di casa e aperti i fascicoli. Che, dunque, ogni fonte archivistica principi da quel fondamentale 1814. Purtroppo non è così. In realtà abbiamo pochissimo materiale per il primo decennio della ricostituzione, per diverse ragioni.
La Compagnia di Gesù non ottenne immediatamente tutti i collegi persi precedentemente, alcuni non tornarono più in suo possesso, ma lentamente i gesuiti cercarono di riorganizzarsi e tornare nelle città, aprire nuove residenze, grazie a nuovi lasciti da parte dei benefattori. Il primo a mappare il numero di collegi e residenze gradualmente restituite ai gesuiti è stato Pietro Galletti, uno storico gesuita, autore del testo “Memorie storiche intorno alla Provincia Romana della Compagnia di Gesù dall’anno 1814 all’anno 1914”. Ci vollero anni perché l’Ordine tornasse ad essere presente in modo capillare negli Antichi Stati Italiani.
Purtroppo le carte prodotte nei primi anni del ritorno dei gesuiti nelle storiche residenze sono frammentarie, in molti casi andate per la maggior parte perdute. Sicuramente, almeno inizialmente, non c’è stata la preoccupazione di individuare un luogo destinato all’archivio, poiché di fatto le residenze ed i collegi non avevano carte antiche o storiche, quindi la documentazione si formò man mano e solo successivamente fu avvertita l’esigenza di organizzarla e sistemarla in un luogo idoneo. Per il noviziato di S. Andrea ad esempio mancano le memorie dei novizi entrati nei primi anni dalla riapertura. Anche le consulte presentano lacune importanti.
Ciò che però ha intaccato maggiormente la conservazione delle carte è stata la storia d’Italia.
Il processo di unificazione nazionale che si è svolto in diverse tappe a partire dai moti carbonari degli anni ’30 dell’Ottocento, fino all’Unità d’Italia nel 1861 e poi con la presa di Roma nel 1870 ha comportato l’abbandono delle residenze da parte dei gesuiti e spesso la perdita di molte carte.
Una scoperta recente
In realtà l’Archivio Storico ci riserva sempre qualche sorpresa. Molti fondi sono in corso di riordino, quindi man mano che viene scritto l’inventario ci si imbatte in documenti che tornano alla luce, altre scoperte vengono fatte dall’archivista durante il quotidiano lavoro di assistenza agli studiosi. Proprio durante una delle ricerche quotidiane, è stato trovato un documento che ci permette di tornare indietro nel tempo, al 7 agosto 1814, durante la cerimonia di ricostituzione della Compagnia di Gesù, presenziata dal Pontefice.
Nel fascicolo di p. Luigi Panizzoni, gesuita della provincia romana, si conservano alcune lettere e copie di lettere proprie e di altri gesuiti risalenti ai primi anni della ricostituzione dell’Ordine. Leggiamo le parole con cui p. Emanuele Blanco racconta questa storica giornata.
Arrivato sano e salvo in quest’Alma città mi affretto a recare all’Eminenza Vostra la sospirata fausta notizia della Pubblicazione della Bolla Pontificia, che seguì in questo modo.
Ieri, Domenica 7 agosto, ottava di S. Ignazio, e giorno di S. Gaetano recossi il Santissimo Padre e come Principe e come Sommo Pontefice alla chiesa del Gesù magnificamente addobbata e tutta solennemente illuminata dove Sua Santità celebrò la Messa all’altare di S. Ignazio, alla quale intervennero di forma pubblica 18 cardinali, un gran numero di Prelati, la Regina di Etruria, un gran numero di nobiltà e di Principi Romani con tutto il loro corteggio, con tutta la nobile comitiva, seguita da tutti i gesuiti in numero quasi di Cento. Il Sommo Pontefice si portò alla gran Sala del Collegio che già serviva di Oratorio alla Congregazione dei Nobili, e salito giubilante sul Trono, seduti tutti a suoi luoghi destinati fece pubblicare a sì imponente consesso la Bolla apostolica costituzione che incomincia “Sollicitudo omnium Ecclesiarum” con la quale si restituisce nel pristino Stato la Compagnia di Gesù per l’universo Mondo Cattolico raccomandando ai Principi Sovrani e ai Vescovi la ristabilita Società ed esortandoli a proteggerli e difenderli ne’ loro Stati e diocesi. Pubblicata solennemente la Bolla alla presenza de’ sì importante consesso, Sua Santità si degnò di ammettere alla maggiore piacevolezza al bacio del Sacro Piede tutti li gesuiti ivi presenti; dopo di che fece leggere un benigno chirografo, col quale il Santo Padre ordinò e comanda che la Chiesa e Casa del Gesù e la Chiesa e casa del Noviziato a S. Andrea a Monte Cavallo con tutti i oro beni e pertinenze siano prontamente restituiti a’ gesuiti riservando a tempo opportuno la restituzione del Collegio Romano.
La notizia si sparge: la Compagnia è stata ristabilita. Altre lettere conservate nel fascicolo testimoniano la volontà della Compagnia di riorganizzarsi e la febbrile richiesta di padri e fratelli di poter tornare nelle antiche case e collegi, in attesa di un invito a farlo (forse temendo che la notizia non sia vera o comunque preferendo la prudenza).
Scrive p. Panizzoni dalla Casa del Gesù di Roma, appena due mesi più tardi, in risposta ad una lettera appena ricevuta:
Quello ch’ella mi aggiunge dell’invito, che si aspettavano da me cotesti gesuiti antichi veramente mi ha sorpreso, né hanno già praticato così gli altri gesuiti in altri luoghi, ma di una città scrivendo uno, adduceva ancora i desideri degli altri che nominava. Io principalmente non so di vari, se siano più vivi, se ne abbiano voglia, se siano in grado di poter operare etc. Chi ama la sua Vocazione, chiede e si esibisce, espone ciò che può fare e non aspetta l’invito.
In secondo luogo moltissime sono le città che domandano la Compagnia, moltissime le Vocazioni, ed alcuni insigni, sicché per mancanza di luogo devo lasciarne indietro una terza parte assicurandoli per un altro anno. Questa Casa del Gesù è ormai piena con quelli che aspetto, onde non posso ammetterne altri, e molto meno invitarli. Quando comincerò a dividere, i soggetti ne’ Collegi, i quali devono mettersi all’ordine per abitarsi, allora ne accetterò de’ Gesuiti abili ad operare volentieri di mano in mano ma conviene ch’essi prima mi significhino il loro affetto alla lor Vocazione. Comunichi questi miei sentimenti a cotesti Padri per loro regolamento e mio.
Trovare le fonti
Perché queste lettere si trovano nel fascicolo personale di un gesuita? Se un ricercatore non sapesse che p. Panizzoni fosse coinvolto nell’organizzazione dei gesuiti subito dopo la ricostituzione rischierebbe di non arrivare mai a questa corrispondenza.
Sul perché queste lettere siano qui possiamo formulare delle ipotesi. La corrispondenza della Provincia Romana, ma anche quella delle altre Province è molto esigua, soprattutto per l’Ottocento. Troppo per ipotizzare uno scarso afflusso di lettere, soprattutto sapendo che parliamo di un’epoca dove ancora non esiste il telefono, entrato in uso nelle comunità solo nel Novecento e si utilizza il telegrafo solo per comunicazioni brevi. Che fine ha fatto la corrispondenza?
Purtroppo, come dimostra lo studio dei fondi, molti gesuiti archivisti, nel tentativo di dare un ordine ai fondi hanno spesso smembrato alcune serie per crearne altre, in modo del tutto arbitrario.
Il caso della serie dei fascicoli personali della Provincia Romana è in tal senso emblematico.
Non si tratta di una serie originale, il fascicolo infatti è un’unità archivistica che si diffonde a partire dal periodo Napoleonico. Le segnature coeve dei certificati di Battesimo, Ultimo Voti, fedi parrocchiali che si conservano in molti documenti presenti in questa serie raccontano di un altro ordine. Probabilmente esistevano serie per tipologie documentarie: la serie delle fedi di Battesimo, quella dei necrologi, quella dei Voti et così via. Ad un certo punto, probabilmente nel Novecento, qualcuno ha deciso di estrarre i documenti di ogni singolo gesuita e creare il fascicolo personale probabilmente in uso nell’archivio corrente, per i gesuiti viventi. Questa pratica, seppure sbagliata a livello archivistico, è stata comunque portata avanti dallo stesso soggetto produttore.
Anche la corrispondenza spesso è stata smembrata ed è finita nei singoli fascicoli, così come quella dei singoli gesuiti trovata nelle loro stanze è stata riposta in questa unità archivistica.
Potremmo pensare di fare una ricerca a tappeto e verificare tutti i fascicoli personali, uno per uno. Peccato che solo la Provincia Romana conservi 3005 fascicoli personali. Bisogna dunque affidarsi agli inventari che spesso segnalano la presenza di lettere o documenti particolari ma anche sperare nei rinvenimenti fortuiti che ogni giorno avvengono in Archivio.
Maria Macchi











