Gesuiti poeti
Professori, teologici, guide spirituali ma anche poeti. Non tutti sanno, infatti, che diversi gesuiti hanno scritto poesie, oltre ad essersi dedicati al proprio apostolato.
Rime e sonetti
La maggior parte di loro lo ha fatto solo per diletto, senza mai dare alle stampe il prodotto del proprio ingegno che ora si trova nei rispettivi fascicoli e faldoni nel nostro archivio storico.
Qualcuno ha messo il proprio talento al servizio di necessità pratiche, come nel caso di p. Angelini, particolarmente abile nella composizione di epitaffi e iscrizioni destinati a commemorare episodi storici o la vita di alcuni individui.
Tranne qualche sparuto esempio, come il caso di p. Bigazzi e la sua composizione “Il mio penare è una chiavina d’oro”, spesso queste poesie non sono conosciute, in attesa che i loro autori vengano studiati. Come nel caso di alcune poesie trovate nel fascicolo personale di p. Carlo Grossi, membro della Provincia Torinese vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento. In questo caso i confratelli e gli studenti gesuiti gli hanno dedicato dei versi in alcune occasioni: per l’onomastico e la guarigione da una malattia.
Talvolta questa dote era sconosciuta ai confratelli e viene alla luce solo con la morte del gesuita ed il riordino delle sue carte.
Quanti sono i gesuiti “poeti”?
È difficile rispondere a questa domanda. Consultando gli inventari troviamo componimenti e poesie per circa sette gesuiti della Provincia Veneto-Milanese, ben quattordici nella Torinese, due per la Romana, uno nella Napoletana, quattro nella Provincia d’Italia. Un totale di ventotto poeti. Non sono però numeri esaustivi. Le poesie infatti non si conservano soltanto nei fascicoli personali, ma anche nei fondi degli scritti personali che ancora devono essere riordinati. Da alcune verifiche a campione, svolte per i nostri ricercatori, abbiamo già visto che ci sono poesie e componimenti anche in questi faldoni, quindi il numero dei gesuiti poeti è sicuramente destinato a salire.
Inoltre non possiamo affermare con certezza che ci siano stati solo poco meno di trenta gesuiti dediti alla poesia, se consideriamo le modalità attraverso le quali le carte dei gesuiti defunti sono arrivate in archivio.
In passato alla morte del gesuita infatti, era il Superiore della comunità a verificare le carte presenti nella stanza del defunto, talvolta delegando questo incarico al ministro. Spesso venivano applicati criteri non oggettivi per la scelta della documentazione da salvare e quella da scartare, come la “fama” di un gesuita. Chi ne ha fatto di più le spese è stata la figura del fratello, ma anche la personalità di gesuiti meno in vista di cui non si conserva molto.
Poesie fin dai tempi del noviziato
Possiamo distinguere tra due tipi di composizioni: quelle scritte per diletto, in diversi momenti della propria vita e quelle risalenti ai primi anni del noviziato. Spesso infatti i novizi si cimentavano nella composizione di sonetti o di strutture più complesse per le lezioni di latino, greco, retorica.
Non è raro trovarne alcune tra le carte nei noviziati, dove ci sono quaderni e manoscritti contenenti poemi o testi in prosa realizzati dai novizi stessi. Potevano essere sottoposti alle valutazioni dei propri docenti oppure letti e recitati durante le accademiche annuali.
Si tratta di esercizi, quindi non sono frutto di una genuina ispirazione, ma sicuramente possono già permettere di intravedere il talento di qualche gesuita fin dagli anni del noviziato.
Non solo poesie
Tra le carte dei gesuiti si trovano anche altre opere d’ingegno diverse dalla poesia. Spesso troviamo anche disegni e schizzi di gesuiti abili nel disegno o spartiti, per chi conoscesse la musica.
Talvolta i gesuiti ricevevano in regalo da confratelli, parenti e fedeli composizioni, acrostici, disegni, spartiti.