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Vita da gesuita…ieri e oggi

La maggior parte delle richieste pervenute al nostro archivio storico è tesa ad indagare la vita dei gesuiti, il loro percorso in Compagnia, le loro eventuali pubblicazioni, il lavoro quotidiano come insegnanti, studiosi, assistenti spirituali. I gesuiti ricoprono ancora adesso molti di questi incarichi, sono religiosi che vivono in comunità seguendo le costituzioni di S. Ignazio, ma quanto è diversa la loro vita da quella dei loro predecessori?

Spesso nel ricostruire un profilo biografico, ci dimentichiamo che si tratta di persone che hanno avuto a che fare, tanto quanto noi, con i piccoli grandi problemi e disagi del quotidiano, con doveri e orari a cui attenersi.

Abitudini e regole della casa

Leggendo i diari di casa del degli anni ‘20 del Novecento, scopriamo infatti quali fossero le abitudini vigenti nella casa professa del Gesù di Roma.

L’atmosfera conviviale che amici, parenti e collaboratori, spesso invitati a pranzo, respirano al momento dei pasti con la comunità, ad esempio, è ben diversa da quella che vigeva meno di un secolo fa.

Non era consentito parlare durante i pasti in refettorio e il silenzio era una buona pratica quotidiana consigliata anche durante le attività giornaliere o gli incontri tra i padri in corridoio e nei luoghi comuni della residenza. Durante i pasti i gesuiti erano dediti ancora alle pratiche di penitenza, consigliate dai primi confratelli di S. Ignazio, per espiare le proprie colpe.

Ai confratelli veniva spesso ricordato di non darsi reciprocamente del “tu” e inoltre si doveva anteporre al nome di ogni gesuita la qualifica di “padre” o “fratello”, veniva sovente rimproverato il ritardo ai pasti o in altri momenti comuni.

La vita in residenza non doveva essere priva di alcune difficoltà come la temperatura bassa d’inverno, le prime stufe furono installate su richiesta del p. Provinciale nel 1925, lo stesso Superiore Maggiore un anno più tardi nota la poca varietà nel cibo.

In una consulta del 1925 tra i difetti fatti notare ai padri della comunità si annota: “l’alzare la voce al telefono, il continuo squillare dei campanelli”.

Abitudini e comportamenti non molto differenti da quelli prescritti per i novizi, come abbiamo già visto nel post “Vita da novizio”.

Inservienti e collaboratori

I gesuiti in casa dovevano anche coordinarsi con il personale inserviente che aiutava in cucina, in chiesa o in altre mansioni e che spesso dava qualche preoccupazione ai padri.

Come quando nel marzo 1923 si auspica che “Vincenzo non gitti l’immondezza dalla finestra”, evidentemente un espediente utilizzato dagli inservienti della casa per non dover percorrere le scalinate e i lunghi corridoi…

Viene riportata una nota, relativa ad un altro inserviente che invece aveva “troppo la testa alla fidanzata”; spesso è ricordata l’attenzione alla pulizia per i collaboratori in chiesa ed in sacrestia “si raccomanda la pulizia alle vetrate dell’atrio di Chiesa ed alla mezzaluna sulla porta d’ingresso”.

Luoghi piuttosto rumorosi, nonostante i ripetuti appelli al silenzio, sembrano essere la dispensa e la cucina, dove inoltre “il cuoco canta e fischia” e ancora “lo sguattero è molto zozzo e va istruito”.

Gestione economica

La gestione economica, a carico della comunità, è uno dei temi più sentiti e dal diario apprendiamo una curiosa tradizione napoletana.

Per far fronte alle spese necessarie per la manutenzione della chiesa nel 1925, infatti,  viene messa a verbale la proposta – che però non convince i padri – di introdurre anche da noi l’usanza involta anche al Gesù di Napoli di far pagar le sedie di Chiesa”, tuttavia “i consultori muovono difficoltà: non è nell’uso romano”.

I padri inoltre sul finire del 1925 si erano rivolti alla Questura per la sorveglianza della Chiesa, tuttavia “fu risposto che tocca a noi sorvegliare le cose nostre”, i rapporti con le autorità civili e governative, in assenza dei Patti Lateranensi, promulgati solo quattro anni più tardi, non erano ancora improntati alla collaborazione.

Erano poi numerose le attività che i padri erano chiamati a svolgere come parte della comunità: celebrazione delle messe, confessioni ma anche l’organizzazione della cerimonia per la consegna delle uova di Pasqua ai figli dei conduttori dei tram.

Lode ai fratelli

Sempre molto prezioso ed apprezzato è il lavoro dei fratelli presenti nella comunità, ovvero coloro che pur non avendo conseguito il sacerdozio vivono in comunità come laici consacrati,: “Si loda l’attività e lo spirito di sacrificio dei buoni fratelli”  e “il buon accordo e la laboriosità dei fratelli”.

Quelle che possono sembrare, a chiunque le legga con gli occhi di oggi, delle regole ferree o eccessivamente rigide, sono pur sempre figlie del loro tempo e contraddistinguevano anche la vita dei laici.

Maria Macchi