Le missioni delle ex Province: non sempre luoghi esotici
Le Antiche province, che nel 1978 si sono fuse in quella d’Italia, erano responsabili di diverse missioni. Anche nei secoli precedenti, sia la Compagnia sia altri ordini religiosi, avevano delle missioni, ovvero nuovi fronti geografici per l’apostolato cattolico.
L’idea di missione rimanda a luoghi esotici, lontani, difficili da raggiungere: come Bahia, missione della Provincia Torinese, l’India, la Cina, il Giappone “storiche” missioni della Compagnia di Gesù e di altri ordini religiosi. Si tratta di territori dove le ex Province avevano aperto delle vere e proprie missioni, per le quali venivano inviati gesuiti e anche religiosi di altri Ordini cattolici. Con il passare degli anni le missioni dipendenti si trasformavano in province indipendenti, talvolta anche in occasione dell’indipendenza politica o di crisi istituzionali della nazione ove avevano sede.
Le missioni però non corrispondono, necessariamente, a territori così remoti e lontani dalla Provincia “madre”.
L’Albania ad esempio, oggi nella Provincia Euro-Mediterranea e dal 1978 di quella d’Italia, era stata una missione della vicinissima Provincia Vento-Milanese, proprio in virtù della prossimità geografica e della possibilità di inviarvi più agevolmente gesuiti missionari.
La stessa Malta, anch’essa oggi territorio EUM e, prima dell’unificazione, provincia autonoma, fu fino al 1945 una missione dipendente dalla provincia sicula. Anche in questo caso si riconferma il criterio geografico per la scelta della Provincia “madre”: la Provincia Sicula era la più vicina.
La missione offriva alla provincia possibilità e sfide: se da una parte si dava l’occasione ai gesuiti di confrontarsi con nuove culture, con diverse realtà da quella nazionale, dall’altra bisognava fare i conti con la lingua, spesso molto difficile da imparare ma al tempo stesso necessaria per insegnare nei Collegi o predicare nei villaggi. I padri missionari inoltre dovevano considerare un differente sistema economico che spesso non garantiva la sopravvivenza di opere della Compagnia, quindi valutare possibili problemi economici.
Una missione meno esotica di Cina e Giappone, come quelle in Albania e Malta, pur ponendo ancora le difficoltà linguistiche – sicuramente minori rispetto alle lingue orienali- riuscivano a risolvere quelle economiche e politiche, almeno fino alla seconda guerra mondiale, soprattutto in Albania dove i religiosi furono, in quegli anni, oggetto di persecuzione ed esilio.
Missioni ancor più sicure erano quelle all’interno della stessa Provincia, ad esempio la Missione di Toscana – territorio della Provincia Romana. Può sembrare quasi bizzarro, eppure nella seconda metà dell’Ottocento fu costituita la Missione che interessava alcune città della Toscana.
Con il termine “missioni” furono anche definite tutte quelle iniziative a carattere locale che interessassero la popolazione, soprattutto i lavoratori. Sotto il nome di missioni popolari si conservano infatti in archivio interessanti faldoni relativi a forme di apostolato dei gesuiti presso la popolazione, attraverso ritiri, partecipazione al mondo del lavoro.
La missione in Toscana era costituita con lo specifico intento di assistere operai e lavoratori, in questo senso dunque era considerata terra di missione per il tipo di apostolato più che per il territorio geografico. Si trattava di un nuovo fronte “missionario”, dovuto alla nascita del proletariato e alla necessità di intercettare operai e lavoratori nei territori dove essi si trovavano.
Sono stati diversi, infine, i gesuiti che nel corso dei secoli si sono offerti per poter essere destinati dal p. Generale alle missioni, solo una parte di questi fu effettivamente inviata lontano, molti furono infatti destinati a vicine missioni, territori dove la presenza della Compagnia dovesse essere consolidata o dove potesse offrire strumenti per nuove problematiche sociali in corso di sviluppo.
Una delle Opere della Compagnia meno nota e legata proprio a questa forma di apostolato nei confronti delle classi sociali ai margini è l’Opera dei Ritiri di Perseveranza, di cui si conserva materiale nel nostro archivio, tra cui le foto a corredo del presente articolo.
Maria Macchi