L’annosa questione del riscaldamento: lamentele nel bresciano
La questione del riscaldamento di una comunità è un tema che più volte ricorre nei diari di casa o di collegio, suscitando diverse reazioni…anche piuttosto discordi tra di loro.
Siamo nel 1904 a Brescia, nel Collegio Arici, fondato nel 1882 da Giuseppe Tovini e passato alla Provincia Veneto Milanese della Compagnia di Gesù, dopo pochi anni.
L’inverno, già piuttosto freddo nel territorio bresciano, era stato reso ancor più rigido da una nevicata avvenuta all’inizio del mese di marzo, quella che lo scrittore del diario di casa – la fonte che oggi ci restituisce questa storia – non esita a definire «solenne nevicata». In quei giorni, il diarista annota alcune osservazioni fatte nel corso di una riunione comunitaria dal p. Ministro, da cui si evince che la questione del riscaldamento…riscaldava anche gli animi.
La vita in comunità può non essere sempre facile e ancor più difficile risulta accontentare tutti i confratelli in materia di vitto e riscaldamento.
Nella comunità di Brescia il ministro, durante quel freddo inverno del 1904 dovette confrontarsi con la seconda: in particolare la questione dei mezzi per il riscaldamento della casa.
La scelta vedeva contrapposti la tradizionale e fidata stufa ed il moderno calorifero; l’episodio riportato nel diario mette in luce il non semplice ruolo del p. Ministro.
Il calorifero, specifica subito il diarista, «non è economico, come si crede, perché a volere che funzioni bene esso consuma altrettanto o ben poco meno combustibile di quello che consumino insieme tante stufe […]»
Il ministro, dal canto suo, non manca di elogiare la tempra dei gesuiti veneti:
«Si può dire che una buona metà e più dei Padri della Veneta se ne infischiano di stufe e di caloriferi, salvo proprio i casi di freddi eccezionali o di studi prolungati a tavolino, quindi una metà delle stufe ordinariamente non si accenderebbero.»
Entra poi nel casus belli – o meglio il casus frigi – della questione:
«il calorifero è una fonte inesausta di mormorazioni incessanti contro il P. ministro e contro il povero martire che fa da fuochista. Così ad esempio quelli che si trovano nelle camere lontane dal centro di riscaldamento hanno sempre da gridare contro l’avarizia e la spilorceria del ministro, pretendendo essi che non basti accendere bene due volte al giorno e fare due forti aggiunte di combustibile.
Gli altri poi che si trovano vicini a detto centro di riscaldamento e anzi hanno a muro il condotto del camino, gridano se si accende di più.»
E ancora:
«Quando in febbraio e marzo si comincia ad avere la temperatura esterna di 8, 9, 10 e 11 gradi sopra allo 0 al mattino verso le 7 o le 8 pare un insulto alla Divina Provvidenza il dar fuoco al calorifero comune solo ad uso e beneficio di qualche sfortunato che vorrebbe il fuoco in camera anche nel mese di luglio.»
In foto alcuni gesuiti con i convittori, in gita nelle vicine montagne vicino Brescia, dopo una «solenne nevicata» ed il refettorio del Collegio; come si nota dalla foto gli spazi del collegio erano piuttosto ampi.
Questo aneddoto mette in luce anche il grado di progresso dimostrato dalla Provincia Veneto-Milanese: negli stessi anni infatti la Residenza del Gesù di Roma non è riscaldata. La questione infatti venne sollevata e affrontata solo 25 anni più tardi, rispetto all’«Arici» di Brescia durante le consulte di casa, quando si rese necessario dotare la casa di stufe a causa delle numerose lamentele.
Rassicuriamo i lettori: oggi tutte le residenze della Compagnia vantano impianti e sistemi di riscaldamento e sono state superate le divergenze sulle temperature.
Maria Macchi