Medici, ambulatori e cliniche nelle carte dell’archivio
Anche se alcuni gesuiti sono stati medici e moltissimi fratelli infermieri, oggi non ci occupiamo di loro ma di medici laici.
Nelle carte del nostro archivio infatti, si possono trovare i nomi di molti medici e riferimenti ai propri ambulatori, poiché il processo di produzione documentaria per i novizi implicava anche alcuni specifici documenti medici.
Per chi dovesse entrare in noviziato era infatti necessario produrre diversi documenti che comprovassero i sacramenti ricevuti, quindi il certificato di Battesimo e Cresima e per l’Ottocento anche la fede del parroco relativa ai costumi morigerati del candidato, ma anche lo stato di salute.
Almeno fino al XIX secolo non tutti potevano entrare in Compagnia, soprattutto in presenza di malattie croniche invalidanti o di menomazioni che potessero condizionare fortemente la vita religiosa e l’apostolato. Una cecità intervenuta nel corso dei primi anni di studio poteva essere uno dei motivi per chiedere le dimissioni, non potendo leggere e studiare, in un tempo in cui mancavano tecnologie di supporto o metodologie alternative.
Il certificato medico non si limitava semplicemente a fornire una generica dicitura di “sana e robusta costituzione”, come quelli che oggi invece si richiedono per praticare attività sportive.
L’accesso al noviziato non era però garantito esclusivamente a chi fosse in perfetta salute, ma era necessario che la Compagnia conoscesse eventuali problematiche pregresse o croniche, anche per guidare meglio le scelte per le future destinazioni e gli apostolati.
Una salute cagionevole poteva concordare meno con le missioni ma più con una casa di esercizi spirituali, o con incarichi legati alla portineria, la biblioteca, l’economato.
Molti medici specificano che il proprio assistito non facesse uso di alcolici né fumasse.
Il certificato medico, soprattutto a partire dalla fine dell’Ottocento, è scritto su carta intestata e oltre al nome del professionista riporta spesso la sua specializzazione, l’indirizzo dell’ambulatorio o dello studio privato.
Nella foto a corredo della rubrica, troviamo la scheda di un oculista per fratel Emilio Pizzinini, che dopo due anni di noviziato aveva avuto bisogno degli occhiali. Come abbiamo visto anche nell’approfondimento di qualche mese fa, spesso i giovani gesuiti dopo i primi anni di studi hanno un affaticamento della vista, dovuto spesso alla poca luce a disposizione prima della diffusione di quella elettrica.
In molti fascicoli è riportato anche il certificato della vaccinazione per il vaiolo, obbligatorio ad esempio per gli allievi dei collegi, anche in questo caso è presente il nome del professionista che ha inoculato il vaccino.
Nei diari di casa o nei carteggi ci sono anche numerosi riferimenti ai ricoveri dei gesuiti, quando le cure del fratello in casa non fossero più sufficienti, viene menzionata la famosa clinica romana “Quisisana” da p. Lorenzo Rocci nel suo diario personale, così come l’Umberto I di Roma ma anche l’ospedale Pammatone di Genova.
Oggi il certificato medico non viene più richiesto, sostituito dalla relazione psicologica necessaria per ogni candidato.
In molte serie archivistiche dunque troviamo documenti prodotti da medici, ospedali e ambulatori che potrebbero aiutare tutti i ricercatori e gli studiosi di storia della medicina e chi fosse alle prese con la biografia di qualche luminare che ha firmato anche questi certificati per i novizi gesuiti.
Maria Macchi