Licenze e permessi speciali
La licenza, in ambito militare, ricorda il periodo concesso al soldato fuori dalla caserma o lontano dal fronte, mentre per i gesuiti di oggi si usa soprattutto per indicare il titolo di studio conseguito in teologia o filosofia.
Per i gesuiti del passato però esisteva un altro tipo di licenza, intesa proprio come permesso speciale.
Ogni gesuita poteva avere la necessità di dover chiedere alcune deroghe alle regole della Compagnia o della residenza. Non si tratta ovviamente di deroghe alle Costituzioni né all’obbedienza, alla povertà o alla castità, ma richieste su aspetti spesso molto pratici della vita quotidiana.
Una delle regole più ricorrenti era quella di viaggiare a piedi sempre accompagnati da un proprio confratello e mai soli.
Può capitare di trovare nelle carte permessi speciali richiesti al Provinciale, nei casi in cui alcuni gesuiti debbano svolgere commissioni urgenti e non ci sia nessuno in casa, o per correre a chiamare un dottore in piena notte, senza svegliare un confratello.
Alcuni esempi di licenze una tantum o semestrali ce le offre il fascicolo personale di p. Emilio Redaelli. Inizialmente il gesuita avanza una richiesta per tenere con sé “di casa in casa questi libri che mi furono regalati o vinti alla tombola” e segue la lista dei testi. Possedere beni materiali non era un divieto assoluto, tuttavia i gesuiti cercavano di possederne il meno possibile anche per via dei frequenti cambi di destinazione. Ecco la lista dei testi:
- Imitazione di Cristo, vinto alla tombola
- Imitazione di maria Santissima dell’Abate Dourvil, regalo di p. Orsini
- Mesi di maggio P. Radaelli, regalo di p. Orsini
- Parrocchiano Ambrosiano, regalo di p. Orsini
- Mese di giugno per religiosi, regalato da p. Verlato
- S. Vangelo, vinto alla tombola
- Vera divozione alla Santissima Vergine di Monfort, regalato da P. Rivasi maestro dei novizi
- Il Crocifisso, libro portato da casa
- S. Camillo de Lellis nella cura degli infermi
- Rivista Pio Samaritano, 1941
- Come si assiste l’ammalato, regalatimi da P. Camilliano.
- Piccola anatomia corpo umano, regalato da p. Maggio
- Nozioni elementari per la cura degli infermi, regalato da p. Verlato.
- Ricettario per l’infermiere, regalato da p. Castellani
P. Emilio, in una nota a penna chiede anche “un mantello pesante perché soffro molto freddo e fumare la notte quando assisto infermi”.
Il gesuita aggiunge una motivazione alla richiesta del tabacco che evidentemente non è previsto nella vita quotidiana di un religioso e considerato un vizio.
“Quando devo assistere certi ammalati di notte e di giorno specie quando emanano odori cattivi e ributtanti nei loro bisogni naturali; dopo quest’operazioni e pulizie poter fumare un po’ di toscano o qualche sigaretta di quelle di ultime qualità, oppure tabacco, circa 3 quarti d’un toscano al giorno in varie riprese, qualche cosa di più durante la notte dalle ore 24 alle 6 del mattino che delle volte non si può resistere dal sonno, anche perché è lunga per il digiuno”
Anche questo permesso gli viene accordato.
Dall’agosto del 1938 fino al settembre 1961 il gesuita ha usufruito di queste licenze, come testimonia la lista con le date e la firma del provinciale pro tempore.
Già nel 1936 p. Emilio aveva avanzato altre richieste su oggetti ancor più legati alla vita pratica, leggiamo le sue richieste: “poter tenere presso di me oggetti personali per la pulizia, vesti, scarpe, barba, per scrivere
Poter bene durante il giorno, verso le ore 17 prendere un po’ di latte […] poter ricevere, domandare, dare, prestare piccole cose per uso proprio, d’ufficio.
Poter visitare il Santissimo Sacramento qualche volta di più delle visite ordinarie […] poter dare immagini ricevute dai padri o fratelli o vinte alla tombola, ai parenti, ragazzi per strada o amici che vengono a trovarmi. Io le chiedi così Vostra Reverenza, se crede che ci sia del superfluo non secondo lo spirito delle nostre S. Regole la prego di cuore a scancellarlo”.
Anche queste richieste furono accordate al gesuita fino alla sua morte, nella foto sono presenti le licenze firmate dai provinciali. Richieste di queste tipo erano formulate anche per evitare di dover ricorrere frequentemente al ministro o al superiore dalla comunità per ogni permesso.
La licenza poteva essere richiesta anche per specifici sacrifici o rinunce, sempre da autorizzare.
Già nel 1926, quando p. Emilio era in noviziato, avanza la richiesta – poi ottenuta – di rinunciare alla frutta di mercoledì e sabato e al vino il venerdì per il resto della vita, portando sempre con sé le richieste cartacee controfirmate che attestassero la concessione ricevuta.
Anche il fratel Rabbiosi aveva fatto alcune richieste, come quella di poter anticipare la sveglia tra le 4.30 e le 5 del mattino, o di poter tenere la dispensa di casa aperta per garantire ad eventuali ospiti di potersi servire in sua assenza.
Maria Macchi